Biciclette vs sentieri ed escursionisti: una convivenza impossibile

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Sono il primo a difendere costantemente (e palesemente) la libertà di ognuno di fare quello che desidera, ma sono anche cosciente, a differenza di altri, che talvolta le nostre azioni provocano o possono provocare reali danni materiali a persone o cose ed ecco che la libertà deve necessariamente decadere per fare spazio alla coscienza e al rispetto.

In tal senso devo far osservare che la convivenza tra sentieri e biciclette è molto complicata: in discesa è enorme il danno provocato al terreno, in salita i danni sono minori ma comunque presenti. Inoltre devo a malincuore ribadire che, anche grazie alle e-bike, il notevole incremento di coloro che praticano il ciclismo sui sentieri di montagna, anche su quelli più impervi (basta farsi un giro su Youtube per vedere decine e decine di video) ha reso ormai impossibile la contemporanea presenza sugli stessi sentieri di ciclisti ed escursionisti: in discesa per il pericolo (le moto si sentono arrivare, le bici no) generato dai tanti che, anche sull ecurve cieche, scendono a tutta; in salita per il fastidio di doversi fermare ogni pochi passi.

Il Club Alpino Italiano ha recentemente chiesto un intervento legislativo, evidentemente perché molti sono gli escursionisti a essersi lamentati o ad aver denunciato episodi di maleducazione e pericolo, ottenendo la solita incivile e aggressiva risposta dai ciclisti e relative associazioni, ormai abituati e abituate ad averla sempre vinta. Mi dispiace ma discorsi come “i sentieri sono di tutti”, “anche noi contribuiamo alla loro manutenzione”, “è sempre colpa nostra”, “non tutti i ciclisti sono maleducati” di certo non bastano a sollevare i ciclisti dalle loro responsabilità e a esonerarli dal civici doveri dato che:

  • quando una cosa è di tutti vuol dire che nessuno può accampare o, peggio, forzare con atto materiale un esclusivo diritto d’uso;
  • se si contribuisce alla manutenzione di un bene pubblico, grazie, siete stati bravi ma si torna al punto di cui sopra,: non per questo se ne deve diventare gli unici fruitori;
  • che sia sempre colpa del ciclista proprio la vedo affermazione che va contro i fatti reali, esperienze e cronache quasi quotidiane dimostrano che i ciclisti al momento sono quelli più ascoltati e protetti (vedi le varie variazioni al codice della strada, vedi le tante ciclabili allestite anche se poi i ciclisti continanip a percorrere le strade “normali”), gli unici utilizzatori della strada a cui le forze dell’ordine non contestano le violazioni del codice della strada (vedi il procedere affiancati invece che in fila), quasi gli unici che i caso di incidente sono considerati assolutamente innocenti (come la mettiamo con quei ciclisti, non pochi, che ai semafori ti affiancano a destra, magari si appoggiano anche al tuo cofano o addirittura ti passano sulla destra anche se tu hai la freccia destra accesa);
  • quel “non tutti” va, ai dati di fatto, rimodulato come pochi sono i ciclisti educati e tantissimi, troppi, quelli maleducati.

Insomma, innanzitutto l’incolumità delle persone va necessariamente messa al primo posto, poi c’è il discorso ambientale, infine non è giusto che debbano essere gli escursionisti a rimetterci, a rinunciare ai loro classici percorsi (alcuni dei miei più belli, sentieri che esistevano da cento e più anni, sono stati trasformati in piste da downhill, per giunta tappezzate di abusivi cartelli che proibiscono il passaggio a piedi), a non poter più percorrere la montagna in pace e tranquillità. Ricordiamoci che i sentieri, salvo rare e recenti eccezioni, sono stati tutti creati per il cammino e sono mantenuti dalle associazioni escursionistiche, ci sono migliaia di strade, stradine, carrarecce dove la presenza delle bici è meno problematica.

Invece di inalberarsi i ciclisti e le relative associazioni potrebbero prendersi carico del grave e innegabile problema, valutarne le possibili soluzioni, scegliere quelle più applicabili e mettersi al lavoro per attuarle (magari qualcuna lo sta facendo ma al momento non se ne ha notizia e non se ne vede risultato). In assenza di questo impegno si arriverà, come già ho visto in alcuni posti, all’imposizione di divieti assoluti (sempre validi) o parziali (validi solo giorni festivi) al passaggio delle bici sui sentieri escursionistici.IN ogni caso deve ribadirsi un concetto lapalissiano: chi vuole buttarsi giù da pendii più o meno scabrosi si deve accontentare delle apposite piste che però non vanno, come purtroppo spesso accade, ottenute dai sentieri escursionistici, ma create appositamente, eventualmente tacitando certi ambientalisti tanto solerti a condannare le piste da sci, ma colpevolmente silenti su questa ormai grave e intollerabile questione.

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